Il mio primo approccio con la fotografia risale a quando, da piccolo, ho avuto la libertà di usare gli scatti che rimanevano nella piccola compatta Chinon dei miei genitori. Dopo ogni viaggio, o vacanza, rimaneva sempre qualche foto da fare prima di portare il rullino a sviluppare e usavo quello spazio per sperimentare. Di solito fotografavo i miei giocattoli, soprattutto le Lego che sono state il mio primo vero soggetto, ma non conoscendo il concetto di macro i risultati erano scarsi.

Poco più tardi, ho iniziato ad avventurarmi in nuovi soggetti, fotografando i tramonti e le silhouette degli alberi al tramonto. Era il tempo di Jurassic Park e degli alberi con “l’arancione dietro”. Molte cose sono cambiate, ma ho ancora una tremenda attrazione verso quella particolare tonalità di colore che attualmente mi influenza in modi e percorsi completamente diversi.

Intorno agli anni 2000, il mio interesse è cresciuto, ma rimaneva esclusivamente digitale, non tanto nel realizzare fotografie, quanto nel conservarle, un hobby quasi ossessivo che mi porta, ancora oggi, a combattere la dispersione dovuta alla superproduzione che deriva dall’uso comune di internet salvando qualsiasi tipo di immagine digitale indipendentemente dal suo valore estetico. Per questo ho iniziato a raccogliere, archiviare e catalogare ogni foto, o immagine, che mi passa per le mani e, da quel momento, non ho più smesso. Perdendo le immagini infatti, vengono dispersi anche i momenti e voler conservare, trattenere il tempo che passa, è quasi un istinto che mi caratterizza da quando ero quasi un bambino.

Questo approccio più tecnico e tecnologico, ereditato da mio padre, grande patito di elettronica, ha raggiunto il suo apice quando portò a casa una Casio digitale che è diventata un potente mezzo per riversare centinaia di file sul mio computer. Il cambiamento decisivo è arrivato quando, intorno al 2006, ho iniziato a sfogliare delle vecchie riviste “Photo Hi-fi” di mio zio e ho deciso di comprare la mia prima reflex, una Canon Ae1 Program con un corredo completo di obiettivi per iniziare a scattare in analogico. Quindi, mentre la fotografia chimica iniziava una fase di declino, mi sono avvicinato allo studio di questo mondo influenzato e sostenuto dal mio professore Roberto Antonini che mi ha introdotto alla camera oscura ed a tutta la dimensione tecnica della ripresa fotografica. In quegli anni, intorno al 2010, sono stato profondamente ispirato dalla fotografia degli anni ’80, con la sua dimensione fisica e plastica, dove l’immagine diventa quasi materia.

Poco prima del diploma, ho iniziato a lavorare come assistente in uno studio fotografico di Viterbo, è stato mio primo approccio professionale in cui ho fatto valere soprattutto le mie conoscenze tecniche e pratiche. Una dimensione concreta, tangibile della fotografia che ho sempre apprezzato per la sua sincerità e schiettezza. Più tardi, ho deciso di imbarcami come fotografo sulle navi da crociera, per spirito di assoluta avventura: mi piaceva l’idea di girare l’Europa e guadagnarmi da vivere attraverso i miei scatti. Ancora una volta, un approccio concreto e meno estetico, ma che mi ha permesso di studiare la costruzione dei ritratti e crescere come persona, oltre che come fotografo. La fotografia infatti, con il tempo, è diventata sempre di più un mio modo per guardare ed interpretare il mondo, un atto di azione dietro un obiettivo, non solo un modo passivo per conservare gli attimi che passano.

Oggi ancora amo la fotografia anni 80 e l’arancione del tramonto. Mi occupo principalmente di ritratti e reportage per i matrimoni, gli eventi e le cerimonie. Molti disdegnano questa applicazione da “mestierante” e la considerano inferiore e meno nobile rispetto alla pura arte fotografica, per me è invece una parte essenziale del percorso di crescita artistica e personale e soprattutto continuo a divertirmi profondamente nel fotografare gli sposi, o gli invitati, durante queste feste. All’opposto, quasi in contraddizione con la mia passione per la fotografia concreta, plastica e vitale, la mia ricerca personale, con lo studio della luce e delle sue caratteristiche estetiche, ma anche filosofiche e lo sviluppo in camera oscura diventa sempre più complessa nel trovare la sua essenziale semplicità.

Forse, grazie a questo lungo viaggio dietro un obiettivo, alla fine di tutte le contraddizioni, le difficoltà e le scoperte di questo mestiere che è allo stesso tempo arte e artigianato, un giorno riuscirò finalmente a scattare in macro i giocattoli che ho costruito con le Lego.

Luca MANCINI

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